35 millimetri

1917

Alfonso Martino

L’annata cinematografica 2019/2020 sarà ricordata dagli amanti della settima arte come una delle più prolifiche per quel che riguarda le pellicole di qualità. Domenica notte sarà interessante vedere chi si aggiudicherà i vari Oscar tra Scorsese, Tarantino e Bong Joon Ho. Tra gli sfidanti ci sarà anche Sam Mendes, che dopo la vittoria ai Golden Globe per la miglior regia di 1917, ha attirato l’attenzione del pubblico. La storia riprende una vicenda realmente accaduta in territorio francese durante il primo conflitto mondiale e vede protagonisti Blake e Schofield, due giovani soldati inglesi che hanno il compito di portare un messaggio, attraversando un territorio pieno di insidie, al colonnello McKenzie, interpretato da Benedict Cumberbutch (lo Sherlock della serie BBC). La loro missione è fondamentale, poiché quel messaggio ha il potere di salvare milioni di vite da una morte certa, tra cui quella del fratello di Blake, architettata con precisione certosina dai tedeschi. Il fattore temporale all’interno del film ha una funzione centrale, dato che tutta la messinscena ruota attorno alla paura dei due giovani di non riuscire a far reperire il messaggio nei tempi stabiliti. Il tempo è percepito in maniera diversa dagli altri soldati, che non vedono grosse differenze tra un giorno e un altro; tra questi rientra il tenente Leslie, interpretato da Andrew Scott (il Moriarty della serie Sherlock, sempre della BBC).

La tensione dei due giovani nei confronti del tempo è data dalle frequenti inquadrature ai loro orologi e dal loro camminare incessante, ripreso attraverso un piano sequenza artefatto che immerge lo spettatore nel clima bellico descritto dalla pellicola, dove la macchina da presa non molla nemmeno per un istante Blake e Schofield nel loro viaggio. I due si ritrovano a vagare per un paesaggio arido, caratterizzato da colori spenti, come gli animi degli uomini impegnati al fronte, riempito soltanto da cadaveri e corpi di animali in decomposizione. Persino la natura sembra volere l’insuccesso dei due — la sequenza del topo e quella del fiume daranno questa sensazione allo spettatore –. La tecnica registica  non risulta pesante perché Mendes, a differenza di Inarritu e il suo The Revenant, rende sempre viva la scena, attraverso sequenze belliche o focalizzando l’attenzione su altri personaggi che incrociano i protagonisti durante il loro percorso, come il capitano Smith interpretato da Mark Strong. Ognuno dei personaggi incontrati rappresenta una visione diversa della guerra, in cui viene criticato chi persevera nel conflitto per il semplice piacere provato nell’annientare l’avversario. Sam Mendes riesce a costruire un film di guerra utilizzando un cast di alto livello, che funge da spalla ai due protagonisti, regalando alla pellicola delle prove credibili e mettendo in scena la storia attraverso una regia impegnativa e coinvolgente allo stesso tempo, con gli stilemi tipici del genere, come il profondo legame che unisce i soldati, descritto in maniera particolarmente toccante in una scena in cui i soldati inglesi si riuniscono tutti insieme attorno ad un commilitone, che intona una canzone carica di sentimento, dove il protagonista non è l’onore o la patria, ma l’individuo e le sue paure di fronte a una cosa più grande di lui come la guerra.