35 millimetri

Blonde è davvero un film che va massacrato?

Marylin sorridente

di Alfonso Martino

Partiamo dal presupposto che Blonde di Andrew Dominik non è un film semplice. Il regista australiano prende spunto dall’omonima opera di finzione di Joyce Carol Oates, creando così un biopic che non vuole raccontare una storia veritiera, ma l’anima di un’icona pop e della società maschilista che la circondava.

Marylin subisce gli abusi degli uomini
La società maschilista divora Marylin

La regia di Dominik è curata nei minimi dettagli, con sequenze che alternano il bianco e nero al colore e il formato che varia dai 4:3 ai 16:9, immergendo lo spettatore nella psiche della diva americana, la quale è divisa tra l’immagine che dà di se attraverso i suoi film — le sequenze durante le proiezioni nei cinema sono un pugno nello stomaco — e Norma Jean, una donna che ha sempre cercato un daddy, una figura paterna mai esistita nella sua vita, ottenendo in cambio tanti amanti ma poco amore.

Ana De Armas somiglia incredibilmente a Marylin
Il regista australiano utilizza delle foto esistenti per ricreare alcune sequenze

Il punto forte del film — e quello che probabilmente non piace al grande pubblico — è il suo carattere cupo, il non descrivere Marylin come una supereroina in grado di risolvere i suoi problemi. Il regista australiano calca la mano sulla violenza degli uomini (la sequenza con il presidente Kennedy è un qualcosa che non ci si dimentica facilmente) e il loro mercificare e sessualizzare la diva americana, come ad esempio nella sequenza del provino nella prima parte del film.

Marylin felice con Arthur Miller
Marylin con Arthur Miller, unico uomo che l’ha amata

Le uniche scene in cui Dominik utilizza una luce viva sono quelle che vedono protagoniste Arthur Miller (Adrien Brody), il quale si differenzia per il rapporto con l’attrice nella sequenza in cui i due si conoscono, dimostrandosi interessato più a Norma Jean che a Marylin.

Una delle discutibili scene con il feto

Il film ha un vero grande difetto: le scene con il feto in CGI. Il voler dare amore a una nuova vita, quello che la protagonista non ha mai ricevuto fin da piccola, è un sentimento che anima la diva per tutto il film, ma la messa in scena lascia molto a desiderare. Inoltre è presente un dialogo tra Marylin e il feto che sembra rimandare a una campagna pro vita e macchia un film esteticamente perfetto, con una Ana de Armas in stato di grazia e che sicuramente potrà dire la sua ai prossimi Oscar.