EDITORIALE N° 0: Clinamen- periodico di cultura umanistica

di Renato De Capua

Una rivista in difesa della letteratura

Nell’universo infinito della letteratura
s’aprono sempre
altre vie da esplorare
.
(Italo Calvino)

La letteratura, sin dai suoi albori, ha avuto una finalità aprioristica nei confronti di tutto ciò che anima il mondo: raccontare una storia, e non la storia oggettiva ed enumerativa degli eventi accaduti, ma una narrazione che vertesse sulle istanze dell’animo umano. La letteratura, in questo senso, è una scienza antropocentrica, in quanto pone se stessa in relazione all’esserci nel mondo dell’uomo stesso in quanto creatura; superiore e distinta dagli altri enti del creato perché umano.

Recuperare l’umanità del passato, renderla presente, attuale, viva, attraverso l’indagine e la riflessione, questo dovrebbe essere l’obiettivo principale di un periodico di cultura umanistica. “Clinamen” vuole porsi, con umiltà e coraggio, questo difficile compito: ricordare ai lettori l’importanza delle scienze umanistiche (letteratura, filologia, filosofia, arte, storia, archeologia), sensibilizzare questi ad accostarsi alla vastità di questi campi del sapere con rispetto, in quanto essi sono fonti copiose di sapere che meritano di zampillare inesauribili. Quando rifletto su quanto vi ho esposto, riaffiorano alla mente le parole di un saggio, La letteratura in pericolo[1], del critico letterario Tzvetan Todorov, il quale pone in esso più che le proprie competenze tecniche da critico, il suo amore per tali ambiti del sapere. Ve ne propongo un breve estratto tratto dalla Premessa:

“[…] Quando mi chiedo perché amo la letteratura, mi viene spontaneo rispondere: perché mi aiuta a vivere. Non le chiedo più, come negli anni dell’adolescenza, di risparmiarmi le ferite che potevo subire durante gli incontri con persone reali; piuttosto che rimuovere le esperienze vissute, mi fa scoprire mondi che si pongono in continuità con esse e mi permette di comprenderle meglio. […] la letteratura amplia il nostro universo, ci stimola a immaginare altri modi di concepirlo e organizzarlo. Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri […] la letteratura apre all’infinito questa possibilità d’interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente. Al di là dall’essere un semplice piacere, una distrazione riservata alle persone colte, la letteratura permette a ciascuno di rispondere meglio alla propria vocazione di essere umano.”

“La letteratura amplia il nostro universo”, e per analogia le altre scienze umanistiche, ampliano quindi quella strada ancora da percorrere, che mai si arresta e sempre si amplia, divenendo alterità, senza conoscere alcuna restrizione.

È importante oggi in un’età quanto più dominata da una modernità che ci avvinghia e ci sovrasta e talvolta si appropria di noi stessi, ci aliena e distoglie le nostre percezioni dalla riflessione, ricordare quanto la letteratura possa essere quella “formula che mondi possa aprir[c]i!”, usando un’immagine e un verso celebri della poetica montaliana.

La letteratura e gli studi umanistici, a dispetto di quanto qualcuno affermi, non sono morti, non cessano le loro relazioni di esistenza, seppure siano in minoranza. Sono in pericolo, questo è certo. E allora ecco perché sorge la necessità di scendere in campo e impegnarsi nell’ardua missione di fare cultura; di partire verso i lidi di quella celebre Itaca delineata dai versi del poeta greco Costantinos Kavafis, alla quale auguro a noi tutti di approdare; con l’augurio di scalare irte alture per poi godere, appagati delle energie profuse, del panorama.

Itaca[2]

Se Itaca è la meta del tuo viaggio

Formula voti sia una lunga via;

Peripezie e scoperte la gremiscano.

Lestrìgoni, Ciclòpi, e di Poseidone

Accessi d’ira escludili.

Renderli vani è in te se via facendo

Col pensiero li domini, se carne e spirito

Risucchi la vertigine.

Mai vedresti Lestrìgoni e Ciclòpi

Se Psiche in te non li generasse,

né l’irascibile Poseidone ti sbatterebbe

se Psiche in te non la drizzasse orrendo.

Vòllila lunga, la via.

E i mattini d’estate mai finiscano

In cui ti accolgano fin’ora ignoti

Porti che di dolcezze ti sfiniscano.

A ogni suk dei Fenici sosterai,

ci farai belli acquisti di coralli,

di madreperle, d’ebani, di ambre,

e di profumi che stordiscano pigliane

a sacchi, di più godrai.

Ma nelle città egizie tu errabondo

Viandante agli eruditi

Rivolgiti, e da loro impara

Impara senza fine.

Della tua mente avrai stella polare

Itaca-sempre. Là devi approdare, termine ultimo tuo prescritto.

Il viaggio fallo anni durare, ritorna vecchio

Nella tua isola, gli accumulati

Lungo la via tesori

Li sbarcherai con te, perché da Itaca,

ricchezze non puoi sperare.

Il dono di Itaca è il viaggio che fu bello.

Senza di lei, per te, quale cammino?

E null’altro sarà il suo dare.

Pur così povera mai ti avrà deluso.

Ora tu sei di vita e di sapienza

Talmente ricco! E certo non ti è ignoto

Il senso che ogni Itaca tramanda.

[1911]


[1] Tzvetan Todorov, La letteratura in pericolo, pag. 16-17, Garzanti (2007).

[2] Costantinos Kavafis, Un’ombra fuggitiva di piacere, pag. 42-45, a cura di Guido Ceronetti, Adelphi (2004).