Lo scenario

Il Koh-i-nur: il gioiello della corona britannica che riecheggia il colonialismo

La corona della regina madre (Wikipedia)

di Lucia Vitale

C’è una scena che avrei voluto tanto vedere: la regina Elisabetta II, ancora in vita, che restituisce il diamante Koh-i-nur, rubato dagli inglesi all’India nell’era coloniale.

Dopo la morte della regina, su Twitter, il dibattito è ormai riaperto: l’India rivendica il Koh-i-nur, il leggendario diamante bianco, incastonato sulla corona della regina Elisabetta, anche nota come la „corona della regina madre“, la quale venne indossata dalla madre di Elisabetta II durante l’incoronazione del marito, re Giorgio VI, così come durante l’incoronazione della figlia. Oggi la corona è custodita nella Torre di Londra, assieme agli altri gioielli reali, ed esposta ogni anno a milioni di visitatori.

La Corona della regina madre indossata da Elisabetta. Accanto, la futura Elisabetta II (Wikipedia)

Nel 1947, l’anno che segnò l’indipendenza dell’India dagli inglesi, ci fu un primo tentativo da parte del governo indiano di riappropriarsi del diamante; un secondo tentantivo fu compiuto nel 1953, l’anno d’incoronazione della regina defunta. Come ben immaginiamo, il Regno Unito si rifiutò di restituire il Koh-i-nur all’India, e continua a farlo: è stato già reso noto che il gioiello sarà indossato dalla regina consorte Camilla.

Perché il Koh-i-nur non può essere indossato da un uomo? Già in epoca vittoriana, si pensava che il diamante fosse avvolto da una maledizione, che di fatto aveva colpito sino ad allora solo gli uomini. Per questo, su forte volere della regina Vittoria, il Koh-i-nur lo avrebbero indossato solo le future regine, oppure le mogli dei monarchi.

La regina Vittoria indossa il Koh-i-Noor come spilla (Wikipedia)

La storia del Koh-i-nur risale a tempi antichissimi, ed è ancora tutt’oggi discutibile. I possessori furono molteplici, e da oltre un secolo il diamante fa parte della collezione dei gioielli della corona inglese. Nel 1849, la Compagnia delle Indie constrinse il decenne maharaja Dunjeep Singh, in seguito alla morte del padre Raniit Singh, a firmare l’annessione del Punjab, a quei tempi il regno più ricco del territorio indiano, all’impero britannico, e a cedere il suo possedimento più prezioso: il Koh-i-nur. Se volete saperne di più, lo storico William Dalrymple e la giornalista Anita Anand sono gli autori di un saggio che racconta la storia della pietra dalle sue origini al dibattito presente, dal titolo Koh-i-nur: la storia del diamante più famigerato del mondo.

Ranjit Singh che indossa il Koh-i-Noor come braccialetto. Ritratto di Manu Saluja (2009)

Il Koh-i-nur non è solo un oggetto dal valore inestimabile per l’India, ma riecheggia un periodo buio della sua storia, caratterizzato da morte e schiavitù nell’era coloniale. Non dimentichiamo, però, che la maggior parte delle ex-colonie dell’impero britannico mantiene tutt’ora un legame con la monarchia inglese, in quanto membri del Commonwealth delle Nazioni. Oggi ne fanno parte 54 stati, e tra questi l’India rappresenta la nazione più grande, così come è stata la più grande tra le colonie britanniche.

Inoltre, il Regno Unito è ancora oggi a capo di 14 reami del Commonwealth. Dopo la morte della regina, si parla della forte aspirazione di alcuni di questi reami alla repubblica, in particolare, Giamaica, Santa Lucia, Antigua e Barbuda, e Australia vorrebbero abolire la monarchia, vista come una forma di governo anacronistica. La prima della lista è stata Barbados, isola caraibica, che nel 2021 è stata dichiarata repubblica.

Il distacco dal passato coloniale avviene anche a livello simbolico, ad esempio, l’India rinomina una delle vie principali della capitale qualche ora prima della morte della regina Elisabetta II; chiamata originariamente Kingsway, „via del re“, e dedicata al re Giorgio V, nonno della sovrana defunta.

Simbolica sarebbe anche la restituzione all’India del diamente Koh-i-nur. Perché la storia non può essere di certo riscritta, ma l’essere umano può rimediare ai suoi errori, e domandare perdono a nome dei propri antenati. La storia del Koh-i-nur è, però, solo uno dei tanti casi di oggetti rubati in epoca coloniale, e ancora in possesso degli ex-colonizzatori, esposti o mantenuti negli archivi dei musei più prestigiosi del mondo. Per approfondire questo argomento, guarda l’ultima puntata del talk show americano Last Week Tonight di John Oliver.