Lo scenario

Il massacro di Moura per mano di militari maliani e mercenari russi

di Nicolò Errico

Mentre il mondo guarda senza parole gli orrori che la ritirata dell’esercito russo sta svelando e torna a ricordi dolorosi come Srebrenica guardando le cataste di cadaveri a Buča, altri massacri vengono consumati in questa difficile fase della storia contemporanea. C’è addirittura chi dubita della buona fede degli ucraini, che sarebbero colpevoli di aver inscenato la morte di centinaia dei propri civili – in aree occupate dai russi, nel periodo in cui i russi occupavano quel territorio, e con la prova visiva fornita da droni e satelliti. Un dibattito lecito, certo, ma che risulta inutile in assenza di prove e poco credibile quando poche immagini che confuterebbero il massacro per mano russa provengono dai più accaniti sostenitori del Presidente Vladimir Putin. Ciò non nega la necessità di un’investigazione trasparente. Nonostante questo grande dibattito su una tragedia immonda avvenuta sul nostro continente, non c’è nessuno che in questo momento stia parlando del massacro di Moura, una città del Mali centrale, Africa. Non solo l’entità dell’eccidio, ma anche la partecipazione di mercenari russi a questo scempio meriterebbe l’attenzione istituzionale e civile dell’Occidente, soprattutto ora che gli Stati democratici stanno entrando in un gioco di guerra frammentata con la Russia.

Da quando la ribellione tuareg nel nord del paese è scoppiata a Gennaio 2012, il Mali ha vissuto in balia dell’andamento di una guerra confusa e dell’atteggiamento dei militari maliani. Tre colpi di stato in meno di dieci anni hanno portato all’attuale situazione, dove la lotta al terrorismo si confonde con la guerra civile ed i militari depongono ed installano governi a proprio piacimento. L’attuale presidente, Assimi Goïta, è il responsabile di due rovesciamenti che lo hanno reso infine presidente del Mali nel Giugno 2021, dopo aver dismesso il governo di transizione – composto da civili e militari – col quale sempre Goïta aveva sostituito, attraverso un golpe, il Presidente Ibrahim Boubacar Keïta nel Giugno 2020. La guerra contro il Mouvement national de libération de l’Azawad (MNLA), l’organizzazione che guida la ribellione tuareg, accusata di avere legami con Al-Qaeda, ha vissuto fasi alterne. Se in un primo momento il MNLA è stato ad un passo dal prendere il controllo del paese, ora si ritrova confinato nel nord del paese, in lotta con altre organizzazioni e contro gli alleati del governo del Mali. Il Mali infatti ha avuto un notevole supporto da parte della Francia e da una coalizione internazionale di Stati per lo più del continente africano. L’iniziativa ha respinto le forze del MNLA e dei suoi alleati lontano dalla capitale Bamako.

Il governo militare maliano ora conduce operazioni anti-terrorismo che provocano decine di morti tra i civili col supporto di contractors (mercenari), provenienti per lo più dal Wagner group, una compagnia di proprietà civile-militare della Federazione Russa. La Wagner si è fatta una temibile reputazione negli ultimi anni. Accusata da più parti di violazioni dei diritti umani, tortura e violenza ingiustificata, la Wagner rappresenta il braccio armato privato di Putin, che appalta loro l’espansione dell’influenza russa, il che permette al Presidente Putin di sfuggire alle responsabilità penali per i crimini commessi dalla Wagner. Allo stesso tempo, l’invio di mercenari non coinvolge l’esercito russo in operazioni che altrimenti porterebbero Putin all’attenzione dell’opinione pubblica e a quella della comunità internazionale. In Africa, la Wagner è presente anche nella Repubblica Centrafricana, ed allarga sempre di più il proprio teatro operativo. Secondo il Center for Strategic and International Studies, – nell’articolo intitolato “Tracking the Arrival of Russia’s Wagner Group in Mali [1] – l’avvicinamento della giunta militare maliana alla Russia e alla Wagner non è giustificata da una vera esigenza di maggiore sicurezza, bensì dalla volontà dei militari del Mali di solidificare la dittatura attraverso i servizi forniti dalla Wagner e dal supporto politico della Russia. In cambio, il Mali dovrà offrire concessioni finanziare e nel settore dell’estrazione mineraria, secondo una prassi collaudata attraverso le precedenti esperienze nate dalla collaborazione Russia-Wagner. I mercenari russi, accompagnati da geologi ed esperti di minerali, sono arrivati in Mali a Dicembre 2021, suscitando le proteste degli alleati occidentali. La giunta militare, che ha fatto leva sui sentimenti anti-francesi per consolidare il potere, non solo ha mantenuto i legami con la Wagner, ma ha anche annunciato la revisione dei patti di difesa con la Francia e gli altri alleati, i quali per tutta risposta hanno ritirato le proprie forze dal Mali lo scorso Febbraio, lasciando il campo libero ai Russi.

A Marzo 2022, le attività congiunte tra Wagner ed esercito maliano si intensificano. Secondo Human Rights Watch, organizzazione non-governativa con sede negli USA che si occupa di difesa dei diritti umani, tra il 1° e il 2 Marzo sono stati uccisi 35 civili per mano russo-maliana nel cosiddetto “massacro di Danguèrè Wotoro”. Secondo le poche testimonianze, i civili sarebbero stati uccisi con esecuzioni sommarie. Media francesi riportano la notizia, accusando apertamente il Wagner group di essere complice della strage. La giunta militare reagisce bandendo Radio France Internationale e France 24 dal paese. La missione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) pubblica un report che conferma la colpevolezza dei mercenari della Wagner e dei militari maliani nel compiere il massacro [2]. La controparte jihadista non si comporta certamente in modo meno brutale. Pochi giorni dopo, nella battaglia di Tamalat ed Insinane combattuta tra le forze maliane ed alleati contro i membri dello Stato Islamico del Grande Sahara, vengono uccisi tra i 300 e i 500 civili. Il conflitto si è dunque intensificato, e la scia di sangue lasciata da entrambi gli schieramenti – lungi dall’essere ben definiti – prosegue fino al più recente massacro di Moura.

Nel corso di un’operazione dell’esercito maliano e mercenari della Wagner tra 27 e il 31 Marzo nella regione del Mali centrale Mopti, vengono uccisi tra i 150 ed i 300 civili [3]. Stando alle investigazioni di Human Rights Watch, le forze governative avrebbero assassinato sommariamente civili e sospettati membri dell’opposizione jihadista. Nonostante i proclami vittoriosi del governo, che identifica tutte le vittime come “terroristi”, gli attivisti civili sono sicuri che si sia trattato di una strage di civili innocenti, la peggiore del decennio in Mali, sempre secondo Human Rights Watch. Infatti, se nella battaglia di Tamalat ed Insinane i civili sarebbero state vittime collaterali degli scontri – indubbiamente avvenuti –, nel caso di Moura si è trattato invece di un massacro deliberato che non ha incontrato alcuna resistenza. Secondo i testimoni infatti, le vittime sarebbero state prelevate dalle strade e dalle proprie abitazioni per poi essere giustiziate in modo del tutto arbitrario.

Dunque, la Federazione Russa sta mostrando sempre più interesse nel continente africano e sta mascherando il proprio impegno militare a supporto di governi non-democratici in cambio di concessioni estrattive ed economiche. Le uniche vittime della situazione del Mali sono i civili, quelli che per alcuni non starebbero fuggendo da una “guerra vera”, schiacciati dalla barbarie jihadista da una parte e dalla gretta violenza di una dittatura militare e di una compagnia privata, che nasconde a sua volta la mano del governo autoritario del Presidente Putin. Il massacro di Moura deve essere un monito per l’opinione pubblica internazionale e per gli Stati democratici, un invito ad un maggiore impegno nella difesa dei diritti umani, ad evitare atteggiamenti neo-coloniali senza rinunciare ad avere un ruolo di leadership nel campo dei diritti e dei valori democratici. L’intervento armato dell’Occidente ha fermato l’avanzata del MNLA, ma non ha portato ad alcuna stabilità nelle istituzioni democratiche né a progressi nel campo dei diritti umani. Anzi, ha spianato la strada a mercenari russi e compagnie private, che stanno privando il Mali delle sue scarse fonti di ricchezza al costo di centinaia di persone uccise senza ragione.

Buča

Buča e Moura ci insegnano a guardare in faccia il volto sanguinario del XXI Secolo, ci mostrano la violenza senza confini della nuova competizione globale e ci chiedono di impegnarci nell’informazione e nella difesa dei diritti senza fare distinzioni tra massacri di serie A e di serie B, tra guerre vere e guerre finte, sofferenza reale ed inventata. Questi massacri vengono compiuti ogni giorno, senza interruzione, non possiamo stupirci per gli orrori dell’esercito russo a Buča ed in altri sfortunati luoghi dell’Ucraina quando questo stesso esercito – ed i suoi mercenari – hanno continuato a compiere violenze e stragi in Africa ed in Medio-Oriente per anni. E non dovremo stupirci quando scopriremo le massacri di civili perpetrati da altri schieramenti e da altre forze che abbiamo deliberatamente ignorato. Siamo noi che decidiamo di guardare o di chiudere gli occhi, informarsi e non dimenticare Moura e tutti gli altri massacri è un dovere morale per un Occidente che si professa paladino dei diritti umani e della pace.


[1] https://www.csis.org/analysis/tracking-arrival-russias-wagner-group-mali

[2] https://www.jeuneafrique.com/1326690/politique/mali-charnier-de-niono-les-fama-et-wagner-accuses-par-la-minusma/

[3] https://www.hrw.org/news/2022/04/05/mali-massacre-army-foreign-soldiers