Particularia

Jago o Michelangelo redivivo

di Pierluigi Finolezzi

Per la primavera 2022 Arthemisia in collaborazione con Jago Art Studio hanno prodotto e organizzato l’esposizione “JAGO. The Exhibition”, la prima grande mostra dedicata allo scultore italiano Jago che è ospitata dal 12 marzo al 3 luglio 2022 nella suggestiva atmosfera delle sale di Palazzo Bonaparte a Roma.

Scultore appassionato e abile comunicatore, Jago incarna l’immagine dell’artista contemporaneo che si affida solo a sé stesso, senza mediazioni, assumendosi per intero il compito di dialogare con il mondo. Nato a Frosinone nel 1987, Jago è lo pseudonimo di Jacopo Cardillo, artista impegnato soprattutto nel campo della scultura e della produzione video. Dopo aver frequentato il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, abbandonata nel 2010, Jago si dedica alla sua ricerca artistica improntata alla riscoperta delle tecniche tradizionali e all’instaurazione di un rapporto diretto con il pubblico mediante i moderni mezzi di comunicazione e i social network, ai quali affida la condivisione del suo processo produttivo. Nella complessità degli stimoli vediamo inizialmente emergere l’interesse per elementi apparentemente inanimati come le grandi pietre che Jago dichiara di raccogliere nel fiume Serra. Esse sono adottate come emblema della propria arte: l’incessante corso dell’acqua sui massi è concepito come metafora dell’intervento creativo che la mano dell’artista assume per liberare ogni sua realizzazione.

Questo iniziale interesse per la natura si sposta successivamente verso entità legate ad aspetti esistenziali e umani. Nascono così opere come la serie Apparato Circolatorio (2017), rappresentazione iconica del battito cardiaco nelle sue varie fasi, e Venere (2017), dove la dea è bruscamente sottratta ai significati tradizionali, privata della sua classica giovinezza e della sua forte seduzione estetica.

Venere, 2017

Lo spostamento dall’interesse naturalistico verso quello esistenziale emerge soprattutto nell’evoluzione della sua scultura Habemus Papam (2009), gradualmente trasformata in Habemus Hominem (2013-2016). A 24 anni, Jago viene selezionato dal critico Vittorio Sgarbi per partecipare alla 54^ Edizione della Biennale di Venezia, durante la quale espone un busto in marmo di Benedetto XVI, intitolato Habemus Papam. Si tratta di un ritratto giovanile di Joseph Ratzinger, ispirato a quello di papa Pio XI realizzato da Adolfo Wildt (1926) e oggi conservato ai Musei Vaticani. Ammirata da numerosi galleristi, l’opera è presentata al Premio delle Pontificie Accademie in Vaticano dove ottenne la Medaglia Pontificia. In seguito all’abdicazione di Benedetto XVI nel 2013, Jago rimise mano sulla sua scultura giovanile spogliandola da tutti i paramenti liturgici e mettendo a nudo l’odierno busto scarno e drammatico rinominato Habemus Hominem. Il volto del pontefice, una volta severo, ora sorride con inedita dolcezza, mentre lo sguardo, dipinto nelle cavità oculari, si volge vicendevolmente verso di noi, seguendo i movimenti e i passi dell’osservatore. Della dignità pontificia della prima versione restano solo la papalina e l’anello aureo che collidono con la secchezza e la tragicità della carne.

Habemus Hominem, 2016

Al 2016, mentre vive e lavora tra Italia, Cina, Stati Uniti ed Emirati Arabi, risale la sua prima mostra personale a Roma. Nel 2018 Jago riveste l’incarico di professore ospite presso la New York Academy of Art dove tiene una serie di lezioni. Trasferitosi a New York qui vide la luce la scultura Figlio Velato (2019), esposta permanentemente all’interno della Cappella dei Bianchi nella Chiesa di San Severo Fuori le Mura a Napoli. L’opera è un indizio simbolico delle sofferenze senza tempo: un fanciullo giace inerme su una lastra di marmo, raccontando silenziosamente il suo destino oscuro e drammatico, lo scacco di tanti bambini innocenti che affrontano un cammino insidioso e senza meta.

Figlio Velato, 2019

Nello stesso anno, in occasione della missione Beyond dell’E.S.A., Jago diviene il primo artista ad inviare una scultura in marmo sulla Stazione Spaziale Internazionale. L’opera, intitolata The First Baby (2019) e rappresentante un feto, torna sulla Terra nel febbraio 2020 sotto la custodia del capo missione, l’astronauta e colonnello dell’Aeronautica Militare Italiana Luca Parmitano.

The first baby, 2019

A novembre dello stesso anno risale la realizzazione dell’installazione Lock Down, immagine di un nudo infantile che viene temporaneamente collocata in Piazza del Plebiscito a Napoli e poi trasferito nel deserto di Al Haniyah (E.A.U.). L’ultima scultura ad essere realizzata dall’artista è Pietà (2021) che Jago realizza e installa per la Basilica di Santa Maria in Montesanto, in Piazza del Popolo a Roma.

Il gruppo marmoreo recupera in parte gli intenti di Figlio Velato ed è concepito come icona simbolica dell’arte di Jago, carica di quella forte emotività che nella parola dei critici è stata spesso accostata a quella michelangelesca, a tal punto che molti sono i giornalisti che parlano di Jacopo Cardillo come di un “nuovo Michelangelo”.