Lo scenario

La crisi del Nilo Azzurro – verso una guerra dell’acqua?

Nicolò Errico

Il termine “guerra dell’acqua” descrive un particolare tipo di conflitto legato all’accesso alle risorse idriche.
L’acqua può essere uno strumento di guerra – ad esempio, limitandone l’accesso al nemico o avvelenando i pozzi – tanto quanto il casus belli stesso.
Oggi un simile tipo di conflitto può sembrare una speculazione fantascientifica, uno scenario da film post-apocalittico. In realtà, con il cambiamento climatico, l’acqua diventerà molto probabilmente una risorsa talmente preziosa da essere politicamente pericolosa. Non solo, grazie all’attenzione di molti studiosi, si è potuto constatare quanto l’acqua sia già – almeno in parte – alla base di molti conflitti contemporanei, come in Siria o nelle dispute del Kashmir.[i]

Il caso della GERDGrand Ethiopian Renaissance Dam – è uno degli esempi più lampanti al momento di escalation politico-militare causata dall’accesso dell’acqua. Fortunatamente non ci sono stati ancora scontri tra le parti interessate, ma l’intransigenza del governo etiope e dei suoi avversari solleva preoccupazioni circa la possibilità che esploda un grande conflitto tra potenze regionali in una delle aree più povere del pianeta.

Mappa della GERD

Il 30 Marzo 2011, il governo etiope annuncia l’inizio dei lavori per il “progetto X”, che presto diventa Millennium Dam e infine Grand Ethiopian Renaissance Dam.  La diga – la settima più grande al mondo e la prima nel continente africano – sorge sul Nilo Azzurro, che scorre verso il Mediterraneo attraversando il Sudan fino all’Egitto. I lavori furono affidati, senza chiedere offerte competitive da altre compagnie, alla ditta italiana Salini Impregilo, presente dal 1957 con i maggiori cantieri del paese.
La monumentale infrastruttura è pensata per sostenere il crescente fabbisogno elettrico dell’Etiopia, un paese che da anni si qualifica come una delle economie più forti e promettenti del continente. Tuttavia non bisogna farsi ingannare dai dati macroeconomici: l’Etiopia rimane comunque uno degli stati con indice di sviluppo umano molto basso (173 su 189) e una povertà altissima, per non parlare del contesto politico – Freedom House, una delle più importanti think tank al mondo sul tema della democrazia, dichiara che lo stato africano è da considerare “non libero”,[ii] ma anche che le più recenti violenze nel Tigray sono un importante segnale della precaria stabilità in cui vive la popolazione.  

Uno scorcio dei lavori della GERD

Il progetto mette in allarme Sudan ed Egitto, gli altri due Paesi del bacino del Nilo Azzurro. Il problema principale è il riempimento della diga: prima di entrare in funzione con la sua massima potenza, l’enorme bacino deve essere riempito. Il tempo richiesto per farlo è di circa 5 anni, durante i quali diverse fasi di riempimento si alterneranno seguendo le stagioni delle piogge.
L’Egitto potrebbe essere il paese a soffrire di più in questi 5 anni, col rischio di perdere il 36% delle sue risorse idriche e circa metà dei raccolti. Va precisato che non ci sono certezze sul possibile impatto dell’opera, e l’incertezza dei dati aumenta lo stallo.
Immediatamente sono cominciati negoziati tra le parti, durante i quali l’Etiopia ha sostenuto che i due paesi non solo non soffrirebbero della mancanza dell’acqua nel Nilo Azzurro, ma finirebbero per beneficiare anche loro dell’infrastruttura – ad esempio, secondo l’Etiopia l’opera assicurerà una minore evaporazione del lago Nasser per l’Egitto e una più lunga vita utile delle dighe sudanesi, oltreché ad un maggiore flusso d’acqua.
Se le prime trattative sono incoraggianti, la trasmissione in diretta di una conversazione tra funzionari egiziani del governo Morsi (deposto dall’attuale dittatore, al-Sisi) in cui discutono del sabotaggio della diga fa saltare il negoziato, innescando l’infinita spirale di incontri che tuttora procede senza ancora dei risultati chiari.
Purtroppo il nuovo contesto politico non sembra promettere bene: il regime in Sudan è cambiato nel 2019 con un golpe senza aver assicurato una reale transizione verso la democrazia, l’Etiopia è entrata in una devastante guerra civile nella regione del Tigray, mentre in Egitto al-Sisi continua a rafforzare il regime militare e ad interferire nel Nord-Africa.
È notizia del 7 Giugno che il Sudan ha di nuovo rifiutato il riempimento unilaterale della diga (parzialmente entrata in funzione) da parte dell’Etiopia.[iii] La seconda fase di riempimento infatti è cominciata a fine maggio, ed ha spinto i governi di Sudan ed Egitto a dichiarare che d’ora in poi si coordineranno per affrontare insieme la crisi con il vicino.[iv] L’Etiopia ha rifiutato la proposta di negoziati mediati da Stati Uniti – Nazioni Unite e Unione Europea, nonostante il fallimento di quelli gestiti dall’Unione Africana. Al Cairo e Khartoum hanno fatto sapere che senza un accordo si rischia la guerra. A fine maggio, Sudan ed Egitto hanno concluso nelle esercitazioni militari congiunte in una dimostrazione di potenza per spingere lo stato etiope a negoziare.
L’obiettivo dei due paesi è raggiungere un accordo internazionale che stabilisca adeguate quantità d’acqua da trattenere nel bacino della GERD senza compromettere il flusso verso i due Paesi confinanti.
La vicenda si fa più torbida se si prende in considerazione un episodio avvenuto il 29 maggio scorso. Secondo l’Egyptian Front for Human Rights (EFHR), un sito di attivisti con base in Repubblica Ceca, un ex funzionario dell’ambasciata egiziana in Venezuela, Yehia Negm, sarebbe stato arrestato dalle autorità egiziane con l’accusa di terrorismo. Il sospetto circa le reali intenzioni dietro l’arresto sorge se viene considerato che Negm è stata una delle voci più critiche contro il governo egiziano per la gestione della crisi della diga GERD.[v] Secondo lui il governo di al-Sisi sta cercando il conflitto con l’Etiopia senza ragioni valide.
La mancanza di dati affidabili, la scarsa trasparenza di tre paesi non-democratici (e in due casi dittatoriali) e l’intransigenza dei governi rischiano davvero di trascinare la regione verso la guerra. Immaginare le conseguenze di una guerra dell’acqua tra potenze in un’area di povertà estrema non è più un esercizio di narrativa fantascientifica, ma un necessario sforzo diplomatico che gli stati devono urgentemente fare.


[i] Sul sito World Water Reserve, curato dal ricercatore Jeremiah Castillo, è possibile consultare un interessante articolo divulgativo dove vengono raccontati diversi episodi – passati e più recenti – di conflitto per l’accesso all’acqua https://worldwaterreserve.com/water-crisis/causes-of-water-conflict/

[iii] https://www.independent.co.ug/sudan-egypt-reiterate-rejection-to-unilateral-filling-of-ethiopias-nile-dam/

[iv] https://www.reuters.com/world/middle-east/egypt-sudan-urge-ethiopia-negotiate-seriously-over-giant-dam-2021-06-09/

[v] https://newbusinessethiopia.com/politics/ex-egyptian-diplomat-detained-after-criticizing-government-handling-of-ethiopia-dam-crisis/pia-dam-crisis/