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La matematica prima dei Greci: il papiro di Rhind e il papiro di Mosca

di Pierluigi Finolezzi

Nell’immaginario greco l’Antico Egitto era considerato il custode di misteri e conoscenze, nonché la culla della scienza e della tecnica. Non è quindi un caso che i Greci considerassero gli Egizi gli inventori dell’agrimensura (Hdt. II, 109), della scrittura, della matematica e della geometria (Diod. Bibl. I, 69). Che essi eccellessero nel far di conto e fossero scientificamente lungimiranti sembrerebbero confermarlo non solo i numerosi viaggi che matematici greci come Pitagora, Euclide, Talete e Archimede compirono in questa terra per apprendere e per affinare le loro conoscenze, ma soprattutto due preziosissimi papiri che ci forniscono informazioni sull’approccio degli Antichi Egizi alla matematica e alla geometria.

Il primo, il cosiddetto “papiro matematico Rhind”, fu acquisito nel sito di Tebe attorno al 1858 dall’avvocato scozzese A.H. Rhind e si compone di due frammenti (pBM 10057=EA 10057[1]; pBM 10058= EA 10058[2]), rinvenuti in una camera di un edificio in rovina vicino al Ramesseum e oggi conservati presso il British Museum di Londra. Le due sezioni superstiti erano molto probabilmente collegate da una parte mancante lunga circa 18 cm. Questa lacuna fu in parte colmata agli inizi del XX secolo attraverso dei frammenti papiracei della collezione della New York Historical Society, acquistati dall’egittologo Edwin Smith insieme ad altri papiri chirurgici di inizi Nuovo Regno.

L’autore del papiro di Rhind, lo scriba Ahmes, il cui nome compare sul recto del documento, ebbe cura di datare il papiro all’anno XXXIII di Apophis, penultimo faraone della XV dinastia Hyksos, cioè all’incirca al 1550 a.C. Sul verso compare, invece, un riferimento ad un anno XI, non seguito da alcun nome di re ma dalla notizia della presa di Heliopolis, sottratta agli Hyksos dal faraone Ahmose I, al cui regno si potrebbe riferire questa ulteriore datazione, corrispondente con molta probabilità alla conclusione del lavoro di copiatura da parte di Ahmes, avvenuta tra il 1539-1532 a.C. ca. Allo stato attuale si può quindi ritenere che il Papiro di Rhind sia senza dubbio una produzione del tardo Secondo Periodo Intermedio e degli inizi del Nuovo Regno e che, trattandosi di un testo copiato, esso dipenda direttamente da un archetipo o da un esemplare più antico che lo stesso Ahmes fa risalire al regno di Amenemhat III (1829-1799 a.C.).

Da un punto di vista strettamente contenutistico, la scrittura in ieratico è realizzata ad inchiostro nero e rosso, quest’ultimo utilizzato per scrivere l’incipit di ogni nuovo problema (quindi con finalità organizzative per la scansione del testo) e per evidenziare certi numeri all’interno dei calcoli come il comune multiplo e la somma tra più frazioni. PBM 10057 e pBM 10058 facevano parte di un libro di testo di matematica, utilizzato dagli scribi per insegnare agli studenti a risolvere particolari problemi matematici partendo da esempi appropriati. Il papiro presenta 84 problemi, comprendenti tavole di divisioni, moltiplicazioni, trattamento di frazioni, geometria piana e solida. I problemi 1-41, concernenti l’algebra e l’aritmetica, dimostrano la dimestichezza degli Antichi Egizi con le espressioni frazionarie, con i problemi di completamento (sekem) e con le equazioni sia semplici che complesse sino al secondo grado (aha). Partendo dalle divisioni dell’heqat, l’antica unità di misura egiziana utilizzata per i volumi, il papiro introduce tutte le restanti unità di misura, integrandole con la divisione dei piani, le progressioni numeriche e l’analisi dimensionale.

I problemi 42-60, denominati “problemi di misurazione” riguardano la geometria piana e solida. Il punto di partenza è rappresentato dalla necessità quotidiana e da fini prettamente utilitaristici: lo studio sul volume dei solidi ha come presupposto la necessità di conoscere le capacità dei granai a contenere approvvigionamenti. Il calcolo del volume di parallelepipedi e cilindri, che riflettevano le forme dei depositi egiziani, avviene partendo dalla misurazione rispettivamente delle diagonali e delle altezze e dal concepimento di formule matematiche molto vicine a quelle ancora in nostro uso. Gli Egizi furono, inoltre, vicini a calcolare il valore della costante π, espressa attraverso il quadrato della frazione 16/9 equivalente a 3,16 con un errore quindi di soli 0,02. Tale approssimazione è alla base della convenzione ereditata dalla geometria secondo cui “l’area di un cerchio sta al suo quadrato circoscritto nel rapporto di 64/81”.

Altri problemi della seconda sezione mostrano come trovare l’area di rettangoli, triangoli e trapezi e come calcolare la pendenza delle piramidi attraverso le altezze, le basi e i rapporti di cotangenza tra gli angoli. La terza sezione, che si chiude con gli ultimi tre problemi posti sulla parte posteriore del papiro (verso)dove compare il riferimento alla presa di Heliopolis, è costituita da una miscellanea comprendente sia tabelle di dati più complicate sia problemi di calcolo elementari, progressioni numeriche, serie geometriche ed enigmi.

Particolare di pBM 10057, recante i calcoli della pendenza e dell’altezza della piramide.

Seppur rappresentando un unicum per importanza storica e per grandezza e lunghezza, il papiro di Rhind non è l’unica testimonianza ad aver fatto luce sulle conoscenze matematiche degli Antichi Egizi. Merita almeno una menzione il papiro di Mosca, il più antico documento matematico papiraceo proveniente dall’Egitto. Il reperto fu acquistato dall’egittologo russo Vladimir Goleniščev nel 1893 e da questi portato a Mosca, dove nel 1912 divenne di proprietà del governo russo. Custodito con il numero di catalogazione 4576 nel Museo Puškin delle Belle Arti di Mosca, il papiro Goleniščev è un palinsesto che si compone di 9 frammenti della parte iniziale, andata quasi completamente perduta, e un segmento più lungo ben conservato. Nulla si conosce del testo scritto sul papiro in precedenza, dato che ciò che ne rimane non ne consente una precisa decifrazione.

La scrittura precedente correva orizzontalmente sul recto e verticalmente sul verso, rimasto poi nel nostro inutilizzato. PMosca 4576, infatti, è scritto solo sul recto, in ieratico, con inchiostro esclusivamente nero e con un andamento orizzontale che si sovrappone a quello del testo precedente. Esso contiene scrittura e disegni che fungono da teoria e da dimostrazione per i problemi di geometria. Verosimilmente, dopo essersi trovato tra le mani il papiro raschiato, lo scriba lo riempì di calcoli, interrompendo però per qualche motivo il suo lavoro, come sembrerebbe confermare lo spazio vuoto lasciato sul frammento più lungo e sul verso. Non si può neanche escludere che, come nel papiro di Rhind, anche nel papiro di Mosca il suo autore avesse lasciato la sua firma e la data di redazione, andate però perdute con le parti papiracee che connettevano i 9 frammenti della parte iniziale. Una datazione approssimativa, ma fondamentale, può essere avanzata paleograficamente: oltre a constatare la pessima grafia dello scriba si può ritenere il papiro una produzione di pieno Medio Regno antecedente quindi al papiro di Rhind.

Il testo conserva 25 problemi che si susseguono senza alcun criterio di organizzazione e tramanda alcuni dei punti più alti raggiunti dalla geometria egiziana, quali la definizione della formula di calcolo del volume di un tronco di piramide a base quadrata e quella dell’area di una superficie curvilinea[3].

Particolare di pMosca 4576 recante la procedura di calcolo del volume di un tronco di piramide.

Concludendo si può affermare che PRhind e PMosca rappresentano oggi i due più antichi vettori di conoscenza della matematica egiziana su papiro. Entrambi sono concepiti come manuali di studio per studenti dal momento che concentrano l’attenzione più sul metodo di risoluzione che sulla teoria razionale, probabilmente lasciata alla spiegazione orale dello scriba-maestro. La matematica egiziana, presentata dai due papiri, è una forma elementare di matematica applicata, una matematica d’uso strettamente vincolata e connessa alla vita quotidiana, ma sorretta da un sistema più complesso a noi purtroppo ignoto, ma sicuramente ereditato dalla matematica greca e da questa tramandata indirettamente alla matematica moderna.


[1]  https://www.britishmuseum.org/collection/object/Y_EA10057.

[2] https://www.britishmuseum.org/collection/object/Y_EA10058 .

[3] A. CARTOCCI, La matematica degli Egizi: i papiri matematici di Medio Regno, Firenze, Firenze University Press, 2007, pp. 10 ss.