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Memorie di un assassino: il precursore di True Detective

Alfonso Martino

Il successo di Parasite in questa edizione degli Oscar ha consacrato il talento di Bong Joon Ho, facendo scoprire al pubblico un regista in attività dai primi anni Duemila. Per questo motivo i produttori cinematografici hanno deciso di portare nelle sale una delle sue pellicole più famose, Memorie di un Assassino, datata 2003 in cui il cineasta riprende un fatto di cronaca realmente accaduto nella provincia di Gyeonggi, teatro delle gesta del primo serial killer sudcoreano.

La macchina da presa si concentra su paesaggi ampi dalle tonalità pallide, come a voler rappresentare la monotonia della vita in provincia, che porta gli abitanti della zona a vivere in maniera cinica e priva di sentimenti. Lo spettatore che recupererà il film per la prima volta noterà sicuramente dei parallelismi con la serie americana True Detective, in particolare la prima stagione, che vede protagonisti due investigatori dai metodi opposti lavorare su una serie di omicidi nell’entroterra americano, caratterizzato anch’esso da vaste zone rurali. Nel film sudcoreano il primo detective presentato è Park, uomo semplice della provincia che si trova a gestire un caso di omicidio più grande di lui: una donna violentata e uccisa in maniera brutale, a cui seguiranno altre vittime. Il metodo utilizzato dall’investigatore consiste nel cercare prove in maniera approssimativa, puntando il dito su presunti colpevoli accomunati da una fervida immaginazione e da una vita insignificante, esortandoli a confessare attraverso la violenza fisica e psicologica. Grande importanza ha per Park lo scambio di sguardi, metodo con cui crede di poter scavare nell’animo dei presunti sospetti e trovare il killer. La regia interviene con dei primi piani per accentuare l’importanza del momento. Questi metodi verranno messi in discussione da un detective proveniente da Seoul, Yoon, il cui metodo d’indagine è basato sull’analisi delle prove e sulla ragione. Il personaggio rispecchia l’opinione di Bong Joon Ho sulla violenza della società sudcoreana nei confronti dei più deboli e sul ruolo delle donne; di fatto Yoon è l’unico a credere all’agente Young, unica donna all’interno della centrale di polizia, che propone una delle poche piste concrete ai fini dell’indagine e che dovrà lottare con il detective Park per vedere riconosciuta la sua idea. Il regista rimarca le differenze tra i due, dove il primo rappresenta la mentalità provinciale, a cui interessa soltanto trovare un capro espiatorio su cui sfogare la propria frustrazione, mentre il secondo è guidato da un cieco idealismo e da un forte senso di giustizia che lo porterà a non abbandonare il caso. Come accade in Parasite, Bong Joon Ho alterna all’interno della pellicola toni comici e drammatici, con sequenze che strizzano l’occhio al thriller. Vengono riprese anche le sequenze nei sottoscala, luoghi privi di umanità in cui vengono relegati gli indifesi, in questo caso i presunti colpevoli soggiogati da Park. La messinscena è fumosa, poiché l’intento dell’autore è quello di far concentrare il pubblico sui complessi che animano i protagonisti e sulle loro difficoltà nel trovare il colpevole, in un’indagine che presenta poche certezze.

La scelta stilistica verrà sempre ripresa da True Detective, in cui gli omicidi sono un espediente per trattare temi esistenziali come il tempo e la filosofia. Nella seconda parte del film si assiste a una crescita dei personaggi, dove il detective Park inizia ad affrontare il caso in una maniera più professionale, rinunciando alla violenza, mentre Yoon viene accecato dalla rabbia dovuta al mancato arresto di un colpevole, utilizzando quei metodi da lui tanto criticati all’inizio del film. I due verranno così allo scontro che porterà poi al finale, in cui Bong Joon Ho si prende gioco dei suoi personaggi, consapevoli del fatto che una volta fatte determinate scelte non si potrà più tornare indietro, e del pubblico, lasciando nei primi  grandi dubbi e agli spettatori la consapevolezza di aver assistito ad una grande vicenda, con un metodo che verrà poi ripreso negli anni successivi in altre produzioni cinematografiche e televisive.