35 millimetri

Tenet: la formula di Nolan per il blockbuster d’autore

Alfonso Martino

Il mese di settembre coincide da sempre con la ripartenza delle attività, che siano scolastiche, universitarie o lavorative.
Nel filone si inserisce anche l’industria cinematografica, ripartita ufficialmente a inizio giugno ma che inizia a vedere adesso i primi piccoli passi verso un ritorno alla normalità, grazie all’uscita nelle sale di alcuni titoli previsti inizialmente per la primavera, come ad esempio Volevo Nascondermi.
Tra i titoli più attesi dell’anno, insieme a Dune di Villeneuve e The French Dispatch di Wes Anderson, figura Tenet di Christopher Nolan.
Il regista ha voluto fortemente che la sua pellicola uscisse nelle sale, andando in controtendenza rispetto alla maggioranza di film usciti direttamente per i servizi on demand a pagamento.

Tenet si presenta come uno spy movie, inserito in una tematica cara a Nolan: il tempo, trattato precedentemente in Interstellar e Inception.
La sequenza iniziale, girata nel teatro dell’Opera di Kiev, porta lo spettatore da subito dentro l’azione, con delle inquadrature frenetiche che rimandano ai primi minuti di  The Dark Knight dello stesso Nolan.

Il protagonista della vicenda è un agente della CIA – il cui nome non viene rivelato – interpretato da John David Washington (Blacklansmann), che verrà coinvolto da Tenet, un’organizzazione per la quale dovrà risolvere un intrigo che vede coinvolti il tempo e un uomo – Andrei Sator, interpretato da Kenneth Branagh – che sembra capace di invertirlo.
L’agente di Washington ricorda a primo impatto una versione rivisitata di 007, dal momento che nel corso della pellicola – specialmente nella prima parte del film – pronuncia un gran numero di battute volte a spezzare la tensione; inoltre il personaggio è in sintonia con il suo partner di lavoro, Neill, interpretato da Robert Pattinson (The Lighthouse) e fondamentale ai fini della trama.

John David Washington e Robert Pattinson

Il film presenta però alcune lacune: le sequenze di lotta sono confusionarie e non permettono allo spettatore di avere un quadro preciso degli scontri; il villain interpretato da Branagh è stereotipato sia per quel che riguarda l’aspetto fisico che dal punto di vista recitativo, con atteggiamenti che ricordano il tipico personaggio russo pieno di potere; il pubblico difficilmente si affezionerà ai personaggi, dal momento che la tematica temporale e l’intreccio prendono il sopravvento sulla loro psicologia. Un esempio può riguardare la sottotrama di Kat – la moglie di Sator – tenuta in ostaggio dall’uomo per via dell’affido del loro bambino, Will; il regista si focalizza così tanto sull’inversione temporale e le sue funzioni da dimenticare quasi di dare spessore emotivo ai personaggi, che sembrano essere soltanto un pretesto per raccontare la sua storia.

Ciò che rende una pellicola di Nolan così attesa è la sua capacità di arrivare e di far discutere una grossa fetta di pubblico, anche quella meno avvezza al cinema, grazie al modo in cui riesce a raccontare le sue storie, caratterizzate da plot twist e da intrecci volti a far ragionare lo spettatore, rendendolo parte attiva durante la visione.
Ciò accade anche in Tenet grazie all’utilizzo dell’inversione temporale, resa benissimo nelle scene in cui persone, oggetti ed elementi naturali si muovono nel senso opposto rispetto a quello a noi consono, creando un senso di straniamento nello spettatore.
Uno stacco netto tra i due archi temporali viene presentato a metà film, caratterizzato da due stanze uguali separate da uno specchio: quella in cui il tempo scorre in maniera “normale” è caratterizzata dal rosso, mentre l’inversione è definita dal blu.

Nella parte conclusiva della pellicola, i due archi temporali vengono posti da Nolan sullo stesso piano, in particolare nella lunga sequenza finale dove il protagonista e Neill lavorano separati: uno nella squadra blu, l’altro in quella rossa, portando all’apice la tematica dell’inversione attraverso scene come quella dell’esplosione di un palazzo durante la missione finale, dove la squadra rossa agisce per prima buttando giù l’edificio, mentre la squadra blu si ritroverà ad assistere alla sua rinascita dalle macerie, a causa del flusso temporale contrario.

Ciò che rimane allo spettatore alla fine del film è un senso di stordimento dovuto alle troppe informazioni date da Nolan, il quale riesce a portare sul grande schermo l’ennesima trama che farà partire discussioni tra amici, legate sia all’intreccio della vicenda che alla capacità del regista di rimanere ancorato alla sua visione di cinema, sempre più legata al tempo e ai ragionamenti e meno al punto di vista emotivo.