35 millimetri

Un altro giro: il cinema europeo ha una marcia in più

Alfonso Martino

Che cos’è la giovinezza? Un sogno. Che cos’è l’amore? Il contenuto del sogno.

Con questo aforisma di Kierkegaard si apre Un altro giro, film di Thomas Vinterberg vincitore dell’Oscar per il miglior film internazionale, di cui è già stato ordinato un remake americano che vedrà Leonardo di Caprio come protagonista.

Protagonista di questo dramedy è Martin (Mads Mikkelsen), professore di storia che si rende conto di essere diventato noioso agli occhi della sua famiglia e dei suoi studenti, perdendo quel brio che lo contraddistingueva da giovane. Quel periodo è ricordato in molte sequenze dai suoi colleghi e amici attraverso la danza, grande passione di Martin tenuta da lui nascosta.

Saranno proprio i suoi amici e colleghi a sbloccare il brutto periodo del professore di storia durante una cena: la sequenza è riportata da Vinterberg con una regia essenziale, priva di virtuosismi e che si presenta per tutta la pellicola in maniera silenziosa, come se si volesse rendere lo spettatore un membro di questo gruppo di amici, attraverso inquadrature ravvicinate e primi piani di questi personaggi che rappresentano individui comuni che affrontano il quotidiano, come ad esempio mantenere sullo stesso piano vita sociale, lavorativa e familiare o convivere con la situazione di single quando si torna a casa dal lavoro.

Durante la cena viene deciso di attuare una ricerca empirica, seguendo la teoria di Finn Skårderud, uno psichiatra norvegese che afferma che gli esseri umani nascono con un livello di alcol pari allo 0,05% e che se si riuscisse a mantenerlo per tutto il giorno, ciò porterebbe a un miglioramento dei rapporti sociali e lavorativi. Ovviamente i quattro proveranno gli alti e i bassi di quest’esperienza, che li cambierà e li metterà alla prova.

Druk, titolo originale del film, riprende una concezione nota nei paesi scandinavi in cui si è soliti bere più del dovuto per supplire a esigenze metereologiche. La tematica viene però affrontata da Vinterberg senza alcuna moralità, mettendola alla base di un racconto che parla dell’amicizia come ancora di salvezza e della voglia di libertà.

Il regista contestualizza la ricerca dei protagonisti paragonandoli a leader politici che si sono mostrati in pubblico in fase d’ebbrezza come Bill Clinton, Francois Sarkozy e Angela Merkel. La sceneggiatura è ben scritta e strutturata, la quale segue le varie fasi dell’esperimento: la parte iniziale, ad esempio, fa entrare ancora di più in empatia lo spettatore con Martin e i suoi amici, grazie a sequenze comiche dovute a quella moderata ebbrezza tanto ricercata e alla rivalsa sociale, come nella sequenza in cui il professore di storia pratica il gioco delle tre carte ai suoi alunni, insegnando loro in maniera dinamica nozioni su Churchill e Hitler.

Nella parte centrale, il taglio dramedy mostra i prevedibili strascichi dell’esperimento, per arrivare a un finale che si ricollega all’inizio della pellicola e celebra la vita in tutte le sue sfaccettature, in cui si mischiano gioia e dolore, vissute entrambe in maniera passionale in una sequenza che darà allo spettatore una sensazione di benessere, portandolo a immedesimarsi un’ultima volta con questi personaggi non così distanti dalla realtà quotidiana.