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Il delicato mondo di Nick Drake: presentazione del libro e del CD sabato 17 agosto 2019

di Renato De Capua
foto di Paolo Marra

“per vedere un mondo
e un paradiso in un fiore selvatico
tieni l’infinito nel palmo della tua mano,
e l’eternità in un’ora.”
(William Blake, da Auguries of innocence)

È stato presentato sabato 17 agosto, presso la Piazzetta Stella Marina (località Cisternella) della Marina del comune di Alliste (LE), “Il delicato mondo di Nick Drake – un tracciato emozionale fatto di storie, canzoni e poesie” (2019), progetto avviato lo scorso anno nella manifestazione “Canto alla luna”, svoltasi a Gemini in giugno dello scorso anno, e che ha dato come straordinario esito un libro e un cd, fortemente voluti dal curatore dell’intera iniziativa, Roberto Molle, poeta e critico musicale e responsabile del “Consorzio autori del Mediterraneo”, associazione che si occupa di poesia, musica e pubblicazione di libri sganciati dal sistema dell’editoria tradizionale. La serata ha visto attivamente la partecipazione di alcuni scrittori e musicisti che hanno preso parte all’iniziativa, nonché al libro e al cd. Ma prima di parlare più approfonditamente della serata, ricordiamo brevemente chi è Nick Drake, affinchè questo breve articolo possa essere non soltanto un’istantanea della presentazione, ma anche un valido spunto per entrare in contatto con “il delicato mondo di Nick Drake” e approfondirlo. La parte che segue è tratta dallo scritto “Appeso ad una stella” di Roberto Molle, che si trova in limine (pagg.7-15) al libro e che potete leggere nella versione integrale all’interno dell’opera:

“[…]Tutto è iniziato con un ragazzo inglese che si chiamava Nick Drake, nato in Birmania nel 1948. Il padre Rodney era un ingegnere che lavorava per la Bombay Burmah Trading Corporation, la principale compagnia anglo-birmana produttrice di teck. Si era trasferito a Rangoon (l’attuale Yangon) dove aveva sposato Molly Lloyd figlia di un funzionario dell’amministrazione britannica in India. Quattro anni prima di Nick era nata Gabrielle, che diventerà attrice di teatro e televisione (è stata l’interprete di Gay Ellis, la ragazza dai capelli viola nella famosa serie televisiva degli anni settanta “Ufo”). Quando Nick ha pochi anni la famiglia si trasferisce a Tanworth-in-Arden, un piccolo villaggio nel Warwickshire a due passi da Birmingham, dove trascorrerà buona parte della sua breve esistenza. Crescendo diventerà uno studente modello e un ottimo sportivo, con una predisposizione particolare per la musica che non tarderà a diventare la più importante. Così, intorno ai vent’anni Nick Drake abbandona l’università e si concentra sul suo primo disco: FIVE LEAVE LEFT (1969), un concentrato di folk, jazz, blues e architetture sinfoniche che lo rendono difficilmente catalogabile e poco in linea, con quello che in Inghilterra, verso la fine dei ’60 era il mainstream “colto” dominante (Beatles, Rolling Stones, Led Zeppelin, Incredible String Band, Fairport Convention, tanto per intenderci).       

Quel primo disco squarcia la tela dei canoni estetici della musica e della canzone d’autore anglosassone con canzoni ebbre del pathos della voce calda e delicatamente roca di Nick (Fruit tree, Day is done, River man, “Three hours, Time has told me), con testi evocativi intessuti di poesia e suoni di violino che si intrufolano tra i chiaroscuri di chitarre impegnate in complicati e suggestivi accordi di fingerpicking. Un secondo album arriva nel 1970, si chiama BRYTER LAYTER e la magia si ripete: canzoni di una bellezza adamantina che si muovono sullo stesso tracciato (Northern sky, Poor boy, Haze Jane I, At the chime of a city clock, solo per citarne alcune) e non temono lo scorrere del tempo. Nick Drake è un ragazzo particolarmente sensibile, concentrato sulla sua musica che al quel punto è diventata la sua ragione di vita, ma il mondo esterno non riesce facilmente a entrare nella malìa delle sue canzoni, e per questo le vendite dei due dischi sono deludenti, tra l’altro penalizzate dalla sua propensione a non volersi esibire dal vivo. La critica lo apprezza ma il pubblico preferisce seguire altre sirene (Pink Floyd, Rolling Stones, The Animals).

A quel punto comincia un periodo difficile per Nick. La frustrazione per il mancato successo si mescola a una sottile depressione che ne attacca la fragilità emotiva e, lentamente, cominciano a stritolarlo. PINK MOON è il terzo e ultimo album che Nick incide, solo piano (alcune note nel primo brano), chitarra e voce. La bellezza, seppur intrisa di sofferenza e declino, continua ancora a essere presente tra i solchi di testi scarni e crepuscolari. La sua voce trasfigurata arriva diretta al cuore gelida e sussurrante, non riesce più a sprigionare quel calore che ha scaldato i cuori di quel nugolo di drakeys che gli si erano stretti attorno a celebrarne quasi un culto in vita. Per intendersi, in PINK MOON ci sono canzoni di una bellezza sfinente, da Place to be a Things behind the sun, dalla title-track Pink moon a Parasite e a From the morning, ma l’atmosfera si è fatta drasticamente triste e romantica, sintomo di un’aura ormai in preda all’oscurità. Si chiude lì, esplicato in soli tre album il percorso artistico e umano di un musicista eccezionale che morirà due anni dopo a soli 26 anni, per overdose di psicofarmaci. Ma quando è cominciato tutto? Quando, per Nick, il mondo e la sua esistenza sono stati oscurati da una coltre nera? C’è stato un momento in cui il buio ha fatto la sua comparsa e ha iniziato a stendersi su ogni cosa? C’è stato un evento determinante, oppure quello era il destino di Nick, come se il trascorrere del tempo non fosse altro che il progressivo e ineluttabile definirsi della sua forma originaria? È il tipo di domanda alla quale, neanche il tempo può dare una risposta certa. Si può solo ripercorrere la traiettoria della sua vita e cercare di comprenderne l’esigenza più profonda.

Tutte le note biografiche e i tanti articoli scritti su di lui non mancano di puntualizzare il fatto che quando morì, quella maledetta notte tra il 24 e il 25 novembre 1974, sul suo giradischi girava ancora il disco dei Concerti brandeburghesi di Bach e sul comodino, restava aperto, il Mito di Sisifo, il saggio di Albert Camus che affronta il tema del suicidio. Non sapremo mai se si trattò di un errore di dosaggio o di morte voluta, quello che è certo, è che Nick ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore dei tanti che hanno amato e continuano ad amare la sua musica. Molti artisti convogliano la tristezza nella propria arte, nel caso di Nick Drake è stata la tristezza ad abusare di lui. E non dovrebbe esserci, una musica, per quanto straordinaria e pura come la sua, a doverne valere una tragedia. […]”

La serata è cominciata con le letture introduttive di Mariolina Crespino e Carla Casto; la presentazione è stata coordinata dalla poetessa Luigina Parisi e, dopo l’intervento iniziale del sindaco di Alliste, Renato Rizzo, ci sono stati gli appassionati interventi di Roberto Molle che si sono soffermati sulla genesi del progetto e sulla figura di Nick Drake, per poi passare alle letture poetiche delle composizioni di Doris D’Amico (Altre cinque lune ancora) e Renato De Capua (Al di là del sole); e ancora alle esecuzioni di alcuni dei brani presenti nel cd dei musicisti  Rocco Giangreco (In questa musica), Fanny & Marco (Avrei voluto), Fernando Alemanni (Ciao Nick), Lorenzo Bottazzo (Turn myself), Antonio Tonietti (NiHoLsRoNyRk). Presto proseguiranno le presentazioni di questo fantastico progetto (libro+cd), che vedranno parte attiva altre parole, altre musiche e altri scenari, ma l’immutata certezza che la storia e la musica di Nick Drake, avranno ancora tanto da dirci, poiché raccontano quel tracciato emozionale che è la vita e che accomuna tutti gli uomini.

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